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CARTE BOLLATE
(Monologhi di parole al vento)

 

 

Con

Sabina Ballerini

Francesca Busi

Nicoletta Freti

Luisa Limonta

Fabiola Maffeis

Adriano Robecchi

Silvia Sonzogni

 

Costumi

Giusi Piazza

 

Trucco

Lori Piazza

 

Fondale scenico

Eleonora Grigiotti

 

Assistente alla regia

Pierangela Cattaneo

 

Testo e regia

Carlo D’Addato 

 

 

 

 

 


 


 

SINOSSI

 

Come in un celebre racconto di Franz Kafka, qualcuno chiede di entrare nella legge, ma il guardiano della porta impone d’attendere il momento che non arriverà mai.

I riferimenti letterari allo scrittore boemo finiscono qui, infatti i nostri postulanti rendono esplicite le ragioni della loro necessità di varcare la soglia. Si tratta di personaggi che, provenendo da vissuti emotivi e culturali diversi, a un certo punto scoprono cos’è la guerra.

Parlare di guerra senza averla mai vissuta in prima persona – com’è per la nostra generazione in Italia – è un abuso concettuale o, peggio ancora, lo squadernare il catalogo dei luoghi comuni. Nondimeno, esiste anche un livello dove ci possiamo confrontare con cognizione di causa: la percezione delle guerre lontane nel tempo e nello spazio e delle quali abbiamo notizia dai media. Una delle chiavi di lettura di questo spettacolo può essere proprio questa, cioè il modo con il quale sorbiamo ed elaboriamo le informazioni, spesso nell’inconsapevolezza che essere spettatori non è mai un gesto innocente e asettico, ma muove qualcosa dentro di noi e intorno a noi.


 

PROGRAMMA

 

quadro I - Il guardiano della porta

 

Egli è l’indolente tutore del sistema di valori di una civiltà prossima a ripiegarsi su se stessa e il cantore delle gesta epiche attraverso le quali si è assoggettata la natura al volere dell’uomo. Non può consentire ai postulanti di entrare nella legge, forse per timore che ne scoprano gli artifici e ne insidino l’equilibrio quanto mai precario.

 

quadro II – Mariella tradita nell’amore

 

Vi è una ferita che non si ricuce in ognuno di noi, che origina dall’intimità dei sentimenti più pro­fondi, corrotti dai veleni delle rela­zioni sbagliate. Solamente il con­sueto esercizio dell’oblio pare essere l’argine di sal­vezza. Ma dimenticare è anche smar­rire senso, responsabi­lità e cognizione di sé. Ricomporsi come persone con­sapevoli può es­sere l’occasione per aprire gli occhi verso ciò che accade intorno, eman­cipan­dosi dagli orizzonti asfittici dell’autocommiserazione.

 

quadro III - Antigone e lo scemo di guerra

 

Ci vuole un’immensa codardia per scostare lo sguardo dalla rovina e celebrare il macabro rito dell’eroe e degli innumerevoli caduti. Antigone ripete ancora il suo grido di umanità: gli argomenti della pietà sono più pressanti della legge. Ma solo lo scemo di guerra può sentirla e dialogare come può insieme a lei, rivelando in questo più senno dei poeti.

 

quadro IV – In tutti i sensi

 

Sentimento, sentore, sensualità, sensibilità… La nomenclatura della percezione è sterminata. Raccontare l’assedio secondo ognuno dei cinque sensi ci descrive una realtà mutevole, spesso risultante più dalle proiezioni nel nostro cinematografo dell’immaginario che da un effettivo riscontro della verità. Di certo, non basta per comprendere cosa accade per davvero agli uomini, alle donne e ai bambini che si trovano chiusi là dentro.

 

quadro V – La sermonatrice

 

Uno sproloquio in forma di conferenza, un caleidoscopio di concetti, teoremi e osservazioni colte, mescolati con il nefasto comune sentire. Parrà grottesco svergognare lo scibile con movenze burattinesche, ma un maestro ci ha insegnato che apoteosi e derisione convivono sovente sotto lo stesso tetto.

quadro VI – Eco di boati

 

Non c’è niente da fare. Si può essere proteiformi finché si vuole, trasformarsi in un momento da un tipo umano all’altro, inseguire le ipotesi più labili come le convinzioni più rocciose. Ma, se siamo onesti almeno con noi stessi, non possiamo ignorare la vacuità del nostro pensare e dire, almeno fin quando conosceremo per sentito dire ciò che molti vivono sulla propria carne.

 

quadro VII – La speranza disincantata

 

L’impronta incancellabile della nostra devastazione non deve essere un alibi. Dobbiamo continuare a sperare, a credere e ad agire per infondere gentilezza al mondo. Al cospetto della legge la voce si fa tenue e pare soccombere, ma, paradossalmente, è questo il momento in cui si fa urgente la nostra attenzione.

 


 

 

 

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